tra perdono e fiducia
Di fronte all’incomprensibilità della guerra, quella che ora ci tocca più da vicino, ma che nella lista mondiale si aggiunge ad altre cinquanta, sperimentiamo la sofferenza sotto il profilo dell’assurdo. Antropologicamente, l’ideologia si nutre della forza gigantesca degli istinti del potere e della sicurezza. Assistiamo, tra l’attonito e l’impotente, a una tragedia di immense ripercussioni umane, sociali, politiche ed economiche. La spiritualità, senza negare affatto l’orrore che stiamo vivendo, integra il contenuto della prima e dell’ultima parola: perdono e fiducia. Queste due realtà umane sono state tanto degradate che, in un modo o nell’altro, bisognerà recuperarle, perché senza di esse non c’è futuro. 
Gesù, per non lasciarsi trascinare dal vortice degli avvenimenti, convertì la sua esperienza di dolore e di croce in nuda preghiera. La spiritualità non può prescindere da questo, per non lasciarsi trascinare dall’odio e dalla vendetta. La spiritualità si alimenta con la verità, che è uno dei primi valori che soccombono nella narrativa bellica. Si tratta di una guerra e non di “operazioni militari speciali”. La spiritualità comporta una grande dose di coscienza e di lucidità. Soffre fin nel profondo una guerra di simili dimensioni, però è cosciente che ogni persona, spesso, vive le sue guerre soggettive, quasi impercettibili, nel suo contesto personale: famiglia, amicizia, lavoro, società, paese… La pace non è assenza di conflitto, ma il suo superamento, in qualsiasi scala esso si produca.