visione poliedrica del sacrificio
 

Gent.mo Prof. Serra,
a volte rifletto sul significato del sacrificio, cercando di comprendere quando esso è positivo per la crescita interiore, e quando invece non è funzionale alla crescita, perché è fatto sotto la spinta di parti o emozioni in ombra di cui non siamo consapevoli. Ad esempio, ultimamente ho rinunciato a un mio progetto, perché avrebbe gettato nell'ansia e nella preoccupazione i miei genitori, piuttosto anziani, per un lungo periodo. Ho sentito fosse più saggio pormi dei limiti e rinunciare, piuttosto che perseguire il mio obiettivo lasciandomi dietro "morti e feriti", per dirlo metaforicamente. Ho ricevuto critiche intorno a me per essermi "lasciato condizionare". Qual è la sua opinione sul sacrificio, in questo senso?


Che impatto ha il sacrificio nella vita di una persona? Influisce in modo costruttivo nella sua crescita e maturità personale o, al contrario, rappresenta un sanguinare che danneggia e ferisce? La domanda che dà il via a questa riflessione è formulata in modo eccellente e contiene i due significati contrapposti del sacrificio. Per ampliare lo scenario della riflessione mi concentrerò su tre aspetti. Primo, la radice etimologica della parola. Il termine sacrificio proviene dal latino e integra sacrum (sacro) e facere (fare).