La preghiera che sorge da un’interiorità abitata esprime alterità, un aspetto che non c’è nella preghiera laica, che non riesce ad avere un interlocutore con cui dialogare in profondità. Santa Teresa lo formula in modo esplicito: «L’orazione mentale non è altro, a mio parere, che una questione d’amicizia, un ritrovarsi spesso da soli, con chi sappiamo che ci ama» (Vita 8,5). San Paolo entra in pieno nell’interiorità abitata: «Non vivo più io, ma è Cristo che vive in me» (Gal. 2,20). Nei due modelli, sorge l’apertura a un mondo al di là di se stessi… dove, chissà chi, potrà scorgere la presenza di Dio.
Ognuno può affermare, ammettendo numerosi fattori imponderabili, di essere il padrone del suo destino, malgrado nessuno sia il padrone della sua origine. Nessuno è responsabile dei doni che ha ricevuto, anche se lo è nel lavorarli e farli fruttificare. In questo senso, ognuno può essere il capitano della sua anima. Questo lavoro però, realizzato senza spiritualità, sfocia facilmente nel narcisismo e nell’ego che rende schiavi.
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- Scritto da LLUÍS SERRA LLANSANA
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