una competizione che punta al disvalore

Oppure, siamo competitive per sentirci speciali, per dimostrare a noi stesse e al mondo quel valore che, profondamente, non sentiamo di avere. Ognuno di noi ha limiti e talenti. Quali sono i nostri? Abbiamo potuto sviluppare le nostre risorse e capacità? Conosciamo cosa ci rende felici? Abbiamo il coraggio di perseguirlo a dispetto della società e della cultura dominante? Il fattore culturale ha un grosso peso. Lo vediamo, banalmente, nella sofferenza di una donna che si vergogna a indossare il costume al mare, perché “non è in forma” e guarda con invidia le altre, snelle e palestrate… L’aspetto esteriore, tanto sottolineato nella nostra cultura, che “permette” di essere notate e corteggiate, è fonte di preoccupazione per milioni di donne, bisognose di essere viste e confermate nel loro valore. Quando ci identifichiamo con gli aspetti esteriori di noi, oppure con conseguimenti mondani che non ci arricchiscono intimamente, siamo spacciate. 

Dobbiamo conoscerci, sapere chi siamo, avere degli obiettivi di evoluzione personale che facciano accrescere i nostri “denari”: talenti, risorse. Non possiamo essere “tutto”, ma possiamo essere felici esprimendo quello che siamo. Quando sentiamo di incarnare profondamente noi stesse, allora siamo sazie, e possiamo esprimere quel femminile in luce che tende una mano, aiuta e incoraggia.