La competizione è una forma più naturale dell’energia maschile, basti pensare alla lotta che gli spermatozoi fanno per conquistare la fecondazione dell’ovulo. È un comportamento necessario anch’esso alla creazione, come spinta alla perpetuazione della specie e, in forma più “evoluta”, come individuazione per esprimere se stessi e fare coscienza. Come tutte le “forze” però, anche questa ha bisogno di forgiarsi sotto l’egemonia di un io compassionevole e consapevole dell’esistenza e del valore di ogni forma di vita. Rispetto, di sé e degli altri. Amore per la diversità, apertura verso la conoscenza della comune radice.
Competizione, invidia, gelosia, puntano a un comune significato: il sentimento di carenza del proprio valore e il mancato riconoscimento di se stessi e del senso della propria vita.
Su quello che mi scrive, mi viene in mente un episodio personale. Ormai molti anni fa, ero sposata e avevo una carissima amica, sposata anche lei. I nostri figli frequentavano la stessa scuola materna, condividevamo le gite e le festicciole, ci confidavamo e ci appoggiavamo. A un certo punto, decisi di separarmi da mio marito. La mia amica ebbe con me un capovolgimento di atteggiamento, arrivando a dirmi che “quelle come me erano coloro che poi andavano a rubare il marito alle altre”. Soffrii per questo. Sapevo, essendo sua intima, che il suo matrimonio non andava affatto bene, e mai le avevo raccontato delle accennate avance che suo marito mi aveva rivolto. Riflettendo sulla chiusura di questa amicizia, mi sono resa conto che quando qualcuno, ad esempio, ci mostra la capacità di porre fine a qualcosa e ha il coraggio di affrontarne le conseguenze, può metterci impietosamente dinanzi alla nostra ombra. Abbiamo paura, faremmo bene a guardarla e ascoltarne la storia. Dovremmo partire da qui e farci aiutare, per incontrare le nostre parti bloccate ed evolvere verso la libertà di scelta.