«Mi basta pensare a mia madre e divento tesa e ansiosa, con un vago senso di colpa…». «Da quando ho i miei figli mi sento realizzata, senza di loro non sentirei un posto nel mondo». «Non sarò mai all’altezza di mia madre, di fronte a lei mi sento sempre inadeguata, un’incapace». «Se c’è qualcosa di cui sono sicura, è che non voglio essere come mia madre, tutte quelle come lei mi fanno orrore».
Alla formazione dell’immagine interna che una figlia si crea della madre, immagine che costruisce la sua identità femminile, concorrono almeno due fattori: le caratteristiche della madre stessa, e il “gancio proiettivo” che tali caratteristiche assumono nella psiche della figlia. Che l’identità che si costruisce sia poi modellata sulla madre o sul rifiuto per il suo modello, è comunque una gabbia reattiva. Il gancio proiettivo rappresenta alcune caratteristiche della madre alle quali si aggancia, nella figlia, la proiezione di aspetti che risuonano con un certo modello-archetipo femminile. Ad esempio, se mia madre è rigida e controllante, questi aspetti diventano il gancio per proiettare su di lei un modello di madre negativa, già esistente come aspetto dell’archetipo-madre collettivo, ma anche nelle mitologie sotto forma, ad esempio, di “matrigna”. Un rinforzo inconscio può anche giungere alla bambina attraverso l’ascolto di una fiaba, o dai personaggi di un cartone animato.