Byung-Chul Han, nel suo bellissimo libro La Società Palliativa, afferma che l’unica richiesta che viene avanzata dalla massa, oggi, è quella di mantenersi lontani dalla sofferenza. Abbiamo bisogno di rimanere sotto anestesia, di obbedire all’imperativo neoliberale “sii felice”. Eppure, dolore e felicità sono parte integrante dell’esperienza vitale. La morte e la contrizione sono due grandi maestre che hanno la capacità di insegnarci molto più di qualsiasi carriera di ingegneria. Il mondo dell’interiorità, i demoni che abitano nel nostro profondo, l’angoscia che emerge dall’abisso della nostra anima e che ogni tanto riecheggia, non sono degli aguzzini da mantenere a bada con le luci lampeggianti dei mercanti del piacere. Il grande danno che la televisione ha portato all’esperienza umana è stato quello di plasmare la sua percezione della realtà, portando l’individuo a contemplare il mondo attraverso una piccola finestra. Alle porte dell’Europa, in questi giorni, si sta realizzando la più spietata attività bellica del XXI secolo, a cui molti guardano come fosse un’opera cinematografica. Si prende partito (pro o contro Putin), invece di guardare al vero nocciolo della questione: siamo pedine in mano alla sagacia della comunicazione di mercato.
A COSA MAI PUÒ SERVIRE LA FILOSOFIA?
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