fame e sete di spiritualità

Per questo, c’è bisogno di penetrare il significato dell’insoddisfazione. Questa parola, di origine latina, contiene tre elementi costitutivi: in-soddisfa-azione. In, come negazione di tutto ciò che segue. Soddisfa, che significa abbastanza, sufficiente. Azione, che si riferisce a quello che si fa. Il fatto di sentire l’insoddisfazione rappresenta nella sua vita una chiamata ad aprire un nuovo orizzonte di pienezza, che lei stesso comprende essere spiritualità. Non tengo conto qui dell’insoddisfazione cronica come problema. Di fronte a questo nuovo compito, a questo nuovo inizio, sperimenta una sensazione di incapacità, di dubbio, di richiesta di aiuto. Non abdica dalla sua responsabilità, ma si apre al dialogo con una guida perché le strade ulteriori del cammino richiedono persone sperimentate che sappiano interpretare le emozioni del cuore e discernere la voce di Dio che sussurra nell’itinerario. Come lo descrisse Dante nella Commedia. Come lo scrisse San Giovanni della Croce nella Salita al Monte Carmelo. 
La relazione tra psicologia e spiritualità sembra, nel suo modo di porre la domanda, seguire una dinamica sequenziale. Cioè, prima si affronta la psicologia e solo dopo si inizia il cammino spirituale. Esiste anche una dinamica simultanea, psicologica e spirituale allo stesso tempo, in maniera intrecciata. In fondo, è la dinamica che ha usato nella scuola di Quarta Via, applicata al campo psicologico, dove si lavorano insieme pensieri, sentimenti e azioni, così come le loro interrelazioni. Tuttavia, non bisogna dimenticare il criterio che formula santa Teresa di Gesù: «Per molti cammini conduce il Signore». Se il lavoro psicologico e spirituale si realizza in qualche modo in maniera simultanea, la sinergia che si genera fra queste due dimensioni possiede una grande potenza. Allora, e solo allora, si giunge a comprendere che i difetti personali, le ferite psicologiche, sono spesso al servizio della spiritualità. Non si tratta di raggiungere la perfezione, ma l’armonia. La scrittrice neozelandese Katherine Mansfield, nei suoi Diari, annota questa misteriosa relazione: «L’intreccio della nostra vita è un misto di bene e di male. Le nostre virtù sarebbero orgogliose, se i nostri vizi non le frustassero. E i nostri delitti si dispererebbero se non fossero consolati dalle nostre virtù» (24 novembre 1921).