Thomas Merton[1], in Diario di un testimone colpevole parla del “punto vergine”. E considera che è un’espressione difficile da tradurre. Lo definisce così: «Nel centro del nostro essere c’è un punto del nulla che non è toccato dal peccato né dall’illusione, un punto di pura verità, un punto di scintilla che appartiene interamente a Dio, che non è mai a nostra disposizione, dal quale Dio dispone della nostra vita, che è inaccessibile alle fantasie della nostra mentre e alla brutalità della nostra volontà. Questo piccolo punto di nullità e di assoluta povertà è la gloria pura di Dio in noi». Non solo sta dentro di me, ma anche in ognuno di noi. Vedere la realtà da questo punto di vista vergine ci metterebbe in così tanta luce che tutto si illuminerebbe, un punto da cui la vita non sarebbe consegnata alle forze terrene e oscure che sorgono in noi. Nessuna radiografia può scoprirlo, perché non esiste apparato capace di rilevarlo. In Maria, il suo intero essere è il punto vergine, per questo le si riconosce la sua “immacolata concezione”.
[1] Thomas Merton (1915 – 1968) è stato uno scrittore e monaco cristiano statunitense, dell’ordine dei Trappisti. Tra le sue innumerevoli opere scrisse Diario di un testimone colpevole, la citazione nell’articolo è a pag. 156-157).