Come lei, anch’io sento un filo conduttore tra le donne, i bambini, gli animali: la loro presunta “fragilità”, percepita anche in chi è malato fisicamente. Dico presunta, perché il valore della sensibilità, della naturale apertura all’altro, dell’ingenuità amorosa (il cuore che tutto crede e tutto spera), del sacrificio di sé, sono alcuni degli aspetti connaturati alla condizione di essere bambini, animali o, fra gli adulti, più spesso le donne. Aspetti che nella nostra cultura vengono catalogati come segni di debolezza e incapacità. Ma il fatto culturale è solo l’aspetto più emerso.
Distrazione nella cura dei bambini: “Mi sono distratto ‘un attimo’ e il bambino…”. Credo sia una distrazione che riflette la nostra stessa distrazione dalla parte più profonda e fragile di noi, quella che, dalla psicologia, oggi viene definita “il bambino interiore”. Un meccanismo di difesa che cerca di non farci contattare le emozioni di paura, incertezza, vergogna, inadeguatezza, umiliazione, rabbia, provate durante la nostra crescita quando eravamo piccoli. Non stiamo accanto a noi stessi, non ci ascoltiamo, non ci prendiamo cura di noi con la devozione e la presenza costante con la quale si dovrebbe stare altrettanto accanto ai bambini fuori di noi, affidati alle nostre cure.
Spesso questi piccoli bambini interni li sentiamo come i nostri peggiori nemici, mentre sarebbero la nostra fonte di salvezza e di maturità adulta, se solo imparassimo ad ascoltarne la voce e i bisogni. Ci metterebbero in contatto con emozioni implose che alla fine, inascoltate, esplodono contro la fragilità che percepiamo negli altri: il non potersi difendere di un bambino, di una donna, di un animale. Non avvertendo la mia umiliazione profonda, la scarico umiliando te. Non potendo entrare in contatto con la mia fragilità emotiva interna, la uccido in te, sperando (inconsciamente) che il mio stato di impotenza e di dipendenza affettiva possa morire con te. Sperando che il mostro fuori di me che ho introiettato nell’infanzia possa essere rigurgitato fuori, scagliandolo su di te.