è necessaria la sofferenza?


Davanti al dolore sembra spesso di avere solo due possibili soluzioni: nasconderlo, dicendo agli altri e a noi stessi “non è niente, sto bene, non è così grave”; oppure, al contrario, esplodere, quando non riusciamo più a sopportarlo, lasciandoci governare dalle sue diverse manifestazioni: rabbia, un’enorme tristezza inconsolabile, una paura senza limiti…
Ma dato che il dolore esiste, scelgo di trattarlo in modo diverso, voglio che si sieda al mio fianco, senza nascondersi o sentirsi rifiutato. Desidero imparare a guardare la paura negli occhi, per poterle trasmettere un po’ di tranquillità; A prendere la tristezza per mano, mentre asciugo le sue lacrime con cura e dolcezza; A raccontarle una storia senza senso, per rubarle un sorriso innocente. 
Perché, in cosa consiste la felicità? Nell’avere un lavoro che mi permetta di condurre uno stile di vita elevato? Nel fare in modo che il mondo riconosca il mio valore? Nel sentirmi accompagnato dalle persone che mi amano? Nel godere di una buona salute?... Forse, ma ci sono persone che, pur avendo tutto questo, continuano a sentire profondamente che gli manca qualcosa.
Nell’antica Grecia esisteva un termine che esprimeva il concetto di felicità: eudaimonia. Letteralmente significa “far emergere il daimon”. La nostra cultura ha tradotto daimon con demonio, associandolo ad un oppositore, ad una forza che conduce al male. Ma per gli antichi greci il termine non aveva lo stesso significato. Daimon era uno spirito, o energia emotiva, intermediario tra gli dei e l’uomo. E forse oggi questi spiriti potrebbero sembrarci qualcosa di lontanissimo, nato dalla superstizione o dall’ignoranza. Ma, siamo proprio sicuri che sia così? Quanta differenza esiste tra quei daimones e certe forze emotive come la tristezza, l’allegria, la rabbia, la gelosia o l’amore? Forze che compaiono nella nostra vita, costruiscono e distruggono a loro piacimento, per poi scomparire di nuovo? Felicità, eudaimonia, nel mondo greco significava rendere coscienti queste sfuggenti e potenti energie. Significava prestargli attenzione, conoscerle, scoprire il loro nome e la loro origine, fornirgli un luogo degno nella vita, così da evitare che siano loro a prendere il controllo con violenza, spinte dalla rabbia e dalla disperazione dovute alla mancanza di attenzioni e alla dimenticanza dell’uomo.