Gent. Dott. Bertolini,
ho seguito con interesse la sua ultima rubrica sul vegetarianismo. Potrebbe approfondire l’aspetto, che cita alla fine, degli effetti del cibo sul nostro stato di coscienza?
Nel numero precedente abbiamo visto come Gesù affrontasse in modo non convenzionale il tema del cibo, prendendo spesso le distanze dalle regole vigenti nell’ambiente religioso del suo tempo. Approfondisco volentieri questa tematica, perché ritengo possa rispecchiare in parte il nostro modo di vivere la spiritualità e la vita di ogni giorno.
Non quello che entrerà nella vostra bocca vi può contaminare ma ciò che esce dalla vostra bocca vi contamina! (Rif. Mt 4,15). Nel periodo in cui frequentavo una scuola orientale di meditazione, di severa osservanza vegetariana, fu preparato un pasto comunitario: chi ci ospitava aggiunse al cibo un po’ di pesce, non ammesso in tale scuola. Il monaco che conduceva il ritiro si infuriò, rimproverando aspramente chi aveva preparato il pasto e chiedendo che tutto fosse buttato via. Ebbi una sensazione sgradevole, non solo al pensiero della gente che moriva di fame, ma anche per il suo atteggiamento fanatico. Se anche il cibo, per una volta, non fosse stato pienamente “conforme”, quali effetti deleteri avrebbe mai potuto avere sulla meditazione?