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A partire da questo inizio, si formulano sette richieste. Tre riferite direttamente a Dio: santificare il suo nome (senza deformarlo o manipolarlo), la venuta del suo regno (il primato di Dio che è il bene migliore per l’uomo) e la volontà di Dio (come criterio chiave delle nostre azioni personali e collettive). Nella seconda parte, si sgranano quattro richieste ancora: il pane quotidiano, il perdono delle offese, la forza di fronte alle tentazioni e la protezione davanti al male.
La sua domanda si concentra, soprattutto, sulla quinta e sesta richiesta, che hanno un immenso peso esistenziale. La quinta dice così: «Perdona le nostre offese (debiti), così come noi li perdoniamo a chi ci offende (ai nostri debitori)». Le offese possono avere molti e diversi destinatari. Un’offesa può essere diretta direttamente a Dio, ma senza dimenticare che qualsiasi offesa alla persona umana è sempre un’offesa a Dio. Chiedere perdono per le offese che causiamo non si riduce a un desiderio superficiale senza conseguenze. Le offese feriscono e bisogna curare le ferite, fino ad arrivare a cicatrizzarle. L’offesa inflitta richiede una riparazione adeguata. Non ci può essere una vita spirituale profonda senza porsi profondamente il problema del perdono. In questa richiesta del Padre Nostro non c’è spazio per la superficialità. Chiedo a Dio che mi perdoni, secondo la modalità con cui io perdono coloro che offendono me. Chiedere perdono senza che io stesso perdoni, è incoerente.