Nel buddismo tibetano si ritiene che l’insegnamento offerto da questo scritto libera non appena lo si intenda correttamente, dando così alla persona che affronta lo stato intermedio uno strumento per superare attivamente lo stato di bardo e raggiungere l’illuminazione.
Un altro testo antico dello stesso tenore è il Libro egizio dei morti, conosciuto anche come il Libro per uscire al giorno o Libro per emergere nella luce. Esso contiene un insieme di formule e di racconti incentrati sul viaggio notturno del Dio Sole (l’Io) nell’attraversare il Duat (il bardo dei tibetani), la sua lotta con le forze del male che tentano di fermarlo per non farlo risorgere al mattino. Una volta superate le insidie del Duat, il defunto sarebbe stato sottoposto al giudizio di Osiride dove avrebbe dichiarato di non essere colpevole dei 42 peccati contro la giustizia e la verità e al rituale della pesatura del cuore, al cospetto della dea Maat che personificava la verità, la giustizia e l’ordine del cosmo. Se superava felicemente queste prove l’anima del defunto aveva la possibilità di “uscire al giorno” e veniva accolta nel cerchio degli Dei. 
Vi sono qui interessanti paralleli con i fenomeni alle soglie della morte, oggi studiati anche dalla scienza, e con le esperienze extracorporee: è quindi una guida per assicurare il defunto contro i pericoli dell'oltretomba ma anche un testo utile per i vivi. Gli Egizi, infatti, affrontavano la vita come una serie di prove finalizzate alla realizzazione trascendente di se stessi.