la febbre del pianeta


L’acqua sarà in generale meno disponibile in alcune aree, come quella mediterranea, ma come abbiamo visto saranno più probabili eventi di pioggia intensa, con conseguenze idrauliche e idrogeologiche rilevanti: saranno più frequenti frane, smottamenti, colate detritiche, nonché alluvioni e inondazioni. Anche le mareggiate saranno più frequenti con aumento dell’erosione costiera. In montagna, il caldo favorirà la formazione di slavine e valanghe, cosa di cui purtroppo siamo stati spesso testimoni negli ultimi anni. Nelle zone più aride del Mediterraneo, l’alternanza di periodi secchi e piogge intense potrà determinare un deterioramento del suolo, fino all’eventuale desertificazione, con perdita irreversibile della fertilità.
Vale la pena citare infine un esempio emblematico di “retroazione positiva”, intendendo qui per positivo un meccanismo di autoalimentazione, dove cioè l’effetto va ad alimentare la propria causa. Il permafrost è quel fragilissimo strato di suolo perennemente ghiacciato tipico delle tundre, contenente grandi quantità di sostanza organica. La sua lenta ma progressiva degradazione, dovuta alle temperature più elevate, aumenta l’attività microbica e rende possibile la decomposizione della sostanza organica, con conseguente emissione di grandi quantità di gas climalteranti come CO2 e metano, ed ulteriore aumento dell’effetto serra. Un esempio di effetto a catena molto difficile da prevedere, ma che dovrebbe fornire una ragione in più, se mai non bastasse, per adottare soluzioni adeguate e immediate per contrastare la crisi climatica.