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Ma i due binari, la vita di Maria e quella del suo asino, ogni tanto si incontrano e creano uno spazio dove possiamo, per un attimo, riposare e assaporare il gusto di un vero amore. Un incontro dove finalmente l’uno sembra trovare nell’altro la vera compassione.
Il regista accompagna Balthazar nelle diverse fasi della vita; dall’infanzia breve e giocosa all’età adulta, tempo di fatica, sfruttamento e tormentosi avvicendamenti, fino alla fase di lento abbandono, possibile solo dopo aver portato a termine il suo ultimo, ingrato, compito. Forse penserete che esagero, ma mi viene da accostare l’ultima, penosa, salita sul monte di Balthazar, al calvario del Cristo e la ferita sulla coscia dell’animale, alla ferita dell’uomo sul costato; le ultime gocce di un sangue che ha dato tutto, fino alla fine. Ecco, qui è come se iniziasse la metamorfosi dell’animale in creatura di Dio e il generarsi di uno spazio di meditazione... qui, io vorrei poter vegliare sull’ultimo respiro di Balthazar, ringraziandolo con una carezza, nel dolce giaciglio di quel pascolo montano.
 
                    