un'arte sconosciuta
A volte a ingabbiarci non sono solo delle sbarre esterne e materiali, ma anche e più profondamente i sensi di colpa per gli errori commessi. Il mondo difficilmente ci perdona, ma riuscire a perdonare noi stessi ci regala la libertà più importante, quella interiore. 
Carcere di massima sicurezza a Opera, alle porte di Milano. Davanti a quell’ingresso ermeticamente chiuso e dall’aria davvero poco invitante, anzi francamente respingente, ci guardiamo. È la nostra prima volta. Portiamo il nostro contributo professionale alle carcerate: due tirocinanti in Terapie Espressive e il loro supervisore (chi scrive). 
L’intento principale del progetto è vedere se tali incontri facilitino poi le sedute psicoterapiche. Un gruppetto di carcerate ci attende per sperimentare con noi questo approccio, già in uso negli Stati Uniti.
È la nostra prima volta e questo è un carcere di massima sicurezza. Che tipo di donne incontreremo? Sappiamo solo che, per trovarsi lì, si sono macchiate di qualche reato di una certa gravità, ma che sono in fase riabilitativa, o di premio per comportamento in carcere, e sono seguite anche in psicoterapia. 
Entriamo, i rumori sinistri di portoni che si chiudono alle nostre spalle, un vago senso di soffocamento. Le tirocinanti hanno l’aria un po’ smarrita e si stringono forte le mani. 
In un locale adibito alla nostra attività di Terapie Espressive ritroviamo un po’ di calma. Spesso la professionalità aiuta. 
 

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