Quanto denaro ci serve per vivere? Quanto potere, per esorcizzare le nostre paure? Riusciamo a sentire il senso profondo della vita? Costruire un’intima identità è un processo difficilissimo e in controtendenza con la pressione politica e sociale.
«Conferendis pecuniis ergo sollicitae tu causa, pecunia, vitae! Per te immaturum mortis adimus iter; tu vitiis hominum crudelia pabula praebes, semina curarum de capite orta tuo» (Per ammassare ricchezze, sei tu, denaro, la causa di una vita agitata! A causa tua prendiamo prima del tempo la strada della morte; ai vizi degli uomini fornisci dei crudeli pascoli, dalla tua testa germogliano i semi degli affanni). Con questi versi del poeta latino Properzio, si chiude Delenda Carthago di Franco Battiato. Il titolo del brano riprende un’esortazione (divenuta nel tempo proverbiale) del senatore romano Marco Porcio Catone, con cui chiosava i suoi interventi in assemblea per esortare i concittadini affinché ogni minaccia da parte della vicina Cartagine venisse preventivamente soffocata nel sangue; come in effetti avvenne intorno al 146 avanti Cristo, quando la leggenda narra che la città fu rasa al suolo e sulle sue fondamenta venne sparso sale, affinché non attecchisse mai più alcun segno di vita.
Battiato narra le gesta di legioni che vanno per terre sconosciute a fondare colonie a immagine di Roma; tra invasori che si cullano nei piaceri, ammassando potere e denaro, e genti che subiscono la loro dominazione trasformandosi in turbe che in circhi e stadi assistono fameliche a riti di sangue. Di fatto si tratta di un testo cadenzato, quasi meditativo, tant’è che dopo il terzo ascolto non si può fare a meno di chiedersi: che volto e sapore ha la Roma che pervade oggi le nostre vite?