Un’esperienza che nasce sotto la paura e il dolore diviene un passaggio di bellezza e trasformazione. L’iniziale sentimento di preoccupazione e solitudine si acquieta e trova pace, nella dimensione ancestrale di solidarietà e profonda comprensione di un circolo al femminile.

Quando ero piccola, mia nonna soleva dirmi che ciò che era importante nella vita era la salute, perché senza di quella, nessun altro problema poteva essere risolto.
Non mi ero accorta di quanta paura avessi nascosto in fondo al mio cuore alla sola idea di avere un problema di salute, fino a quando non mi è stato detto che dovevo sottopormi a un intervento chirurgico per asportare dei fibromi all’utero.
Un intervento di routine, dicevano i medici, niente di complicato. Ma la mia mente non perse un attimo a manifestare scenari apocalittici, come se la fine fosse vicina.
Tutto il periodo antecedente al ricovero l’ho trascorso in uno stato di terrore. L’idea di rimanere da sola in ospedale, senza nessuno che potesse assistermi a causa delle misure anti-covid, aggiungeva un senso di smarrimento e solitudine, come di chi si appresta al patibolo.
Non sapevo ancora che quell’esperienza sarebbe diventata un tesoro da custodire per sempre nel mio cuore. All’arrivo in ospedale, però, sento che accade qualcosa di imprevisto: un senso di profonda quiete e di calma sopraggiunge inaspettato. Solo molti giorni dopo riuscirò a descrivere quella sensazione come un ingresso in un nuovo utero materno .
Al mio arrivo, mi attende un comitato di benvenuta: sono le ragazze già ricoverate prima di me, mi vengono incontro allegre, cordiali, festose.
Capisco che la mia permanenza non sarà breve, ma il “gineceo” si è attivato. Nessuna di noi è sola, lì dentro. Ci avevano raccontato che l’ospedale è un luogo brutto e di sofferenza…

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