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Platone, nella sua opera Fedro, sviluppa il mito del carro alato, secondo il quale esistono tre parti dell’anima, che ricevono un nome specifico: anima concupiscibile, anima irascibile e anima razionale. Quest’ultima è l’auriga che governa i due cavalli. Tuttavia, la visione biblica si distanzia dal dualismo platonico, perché considera che corpo e anima sono intesi come unità della persona. Sottrarsi all’influenza (neo)platonica non è facile. L’antropologia ebrea usa la parola ruah (aria, vento, soffio) per indicare la sua dimensione trascendente. In Islam, ruh è l’anima o lo spirito divino che Dio insuffla. Nel cristianesimo, l’anima ingloba l’essenza della persona, ma non si sminuisce la realtà corporale, visto che il progetto culmina nella risurrezione, che sarebbe lo stato definitivo. Si differenzia dalla metempsicosi, cioè la trasmigrazione dell’anima o la reincarnazione, concetto orientale che ha molti seguaci anche in occidente: l’anima, secondo i suoi meriti e il suo processo evolutivo, torna a incarnarsi in diversi corpi. La distinzione tra l’anima razionale superiore (connessa al divino) e inferiore (connessa alle passioni e alla dimensione fisica) trova posto nella cabala e nel neoplatonismo.