Ma un desiderio ci appartiene, quello di ritornare indietro, idealizzando le prime età della vita, come se fossero state il tempo della pienezza e della felice inconsceità, in cui dipendevamo felicemente da genitori onnipotenti che garantivano nutrimento, serenità e una beatitudine di innocenza. Così non era e non è mai stato, ma la nostra civiltà crede in una età dell’oro primigenia, da cui gli stadi della vita ci hanno allontanato, facendoci provare patimento, disillusioni, sofferenze miste a gioie e realizzazioni.
Durante il mio terzo viaggio in un paese dell’Africa subsahariana (dove mi reco ogni anno), mi rincontrai con una amica cara, che era solita arrivare sempre, bellissima, con la piccola Mariam sulla schiena, che ora era cresciuta e correva nel cortile della grande famiglia con i suoi piccoli amici, giocando, mentre la sua mamma allattava il nuovo nato. «Sarà gelosa», le dissi in modo confidente, alludendo a Mariam. Non capì: per un pomeriggio cercai di spiegare che da noi il fratellino o la sorellina soffrono di tanta gelosia verso il bebè, che ha diritto pieno alla mamma. Sorpresa (e indulgente) mi spiegò: qui è il piccolo a essere geloso di Mariam, che ora è indipendente e può giocare, liberamente nel cortile, bagnarsi e scavare, correre e piantare i semi, con i suoi amici.
Nessuna gelosia è possibile, quindi, per le forme passate, se siamo felici nel presente, se siamo innamorati della vita e delle sue ricchissime potenzialità. Tempo felice è quello della maturità, in cui i conflitti sono sedati, l’esperienza è raffinata, e la responsabilità cede il passo alla condivisione. In cui non siamo più burattini nelle mani del destino e di chi ci ha confezionato, bensì tessuti di umanità, vulnerabili e partecipi delle connessioni e delle trame del cosmo.
NOSTAGLIA DEL BURATTINO DI LEGNO
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- Scritto da GIULIA VALERIO
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