Gentile redazione, sono un vostro lettore assiduo e studio i testi gnostici, ma resto confuso dal concetto di Demiurgo. Come posso conciliare l'idea di un falso dio creatore con la mia fede cristiana? Non riesco a immaginare due divinità separate che si contendono il cosmo. Potreste chiarirmi questo punto?
Caro Lettore, la sua perplessità rivela una sensibilità spirituale che va oltre il letteralismo teologico. Quanto esporremo rappresenta l'interpretazione dell'Associazione La Teca riguardo al Demiurgo, una lettura che tenta di superare le secche dell'antropomorfismo religioso.
Caro Lettore, la sua perplessità rivela una sensibilità spirituale che va oltre il letteralismo teologico. Quanto esporremo rappresenta l'interpretazione dell'Associazione La Teca riguardo al Demiurgo, una lettura che tenta di superare le secche dell'antropomorfismo religioso.
Prima di addentrarci nel concetto demiurgico, è necessario riflettere sul potere del simbolo nelle tradizioni spirituali. I testi sacri - siano essi biblici, gnostici o di qualsiasi altra tradizione - parlano attraverso il linguaggio simbolico, non quello della cronaca (questa è almeno la nostra convinzione, che è in collisione con quella dei fondamentalisti cristiani). Interpretare letteralmente narrazioni come il Giardino dell'Eden o il Demiurgo significa arrestarsi alla superficie del messaggio, perdendo la profondità trasformativa che questi simboli custodiscono. L'infantilismo spirituale, o almeno quello che noi consideriamo tale, nasce proprio da questa incapacità di cogliere il registro simbolico: si finisce per credere che Adamo ed Eva abbiano realmente conversato con un serpente parlante, quando invece quella narrazione descrive dinamiche psicologiche e spirituali universali. Allo stesso modo, concepire il Demiurgo come un'entità antropomorfa significa rimanere prigionieri di una cosmologia dualistica che divide il divino in "buoni" e "cattivi".
Il concetto di Demiurgo nasce nel Timeo platonico come artigiano cosmico, figura che plasma la materia secondo modelli eterni. Negli sviluppi gnostici cristiani, questa figura si trasforma: diventa il creatore ignorante che, credendosi l'unico dio, genera un mondo imperfetto. I testi di Nag Hammadi presentano questo Demiurgo - spesso identificato con lo Yahvé veterotestamentario - come colui che proclama "Io sono Dio e non ce n'è altri all'infuori di me", rivelando così la sua cecità verso il vero Pre-Padre che lo trascende.
La nostra interpretazione compie un salto ermeneutico decisivo: il Demiurgo non è un'entità separata che dobbiamo immaginare come una divinità esistente in sé, ma rappresenta l'atto stesso della mente umana che, osservando il mistero dell'esistenza, ne costruisce un'immagine. Ogni volta che contempliamo il cielo e proiettiamo in esso un volto divino, stiamo creando un demiurgo. Ogni teologia, ogni rappresentazione di Dio - dalle più crude alle più raffinate - è un'operazione demiurgica: una costruzione mentale che pretende di catturare ciò che per sua natura sfugge alla sua comprensione.
Il Vangelo di Filippo esprime questa intuizione quando afferma: "Chi comprende la verità è libero, ma colui che è libero non pecca, perché chi pecca è schiavo del peccato". La schiavitù spirituale nasce proprio dall'identificazione delle nostre costruzioni mentali di Dio con Dio stesso. Il peccato gnostico per eccellenza è l'idolatria concettuale: adorare i nostri pensieri su Dio invece di aprirci all'ineffabile che li trascende.
Nei testi gnostici, il Pre-Padre rimane deliberatamente inconoscibile, descritto solo per negazioni: non-essere, non-generato, in-effabile. Questa apofasi non è agnosticismo, ma riconoscimento che ogni definizione positiva di Dio diventa immediatamente un limite, una gabbia concettuale che riduce l'infinito a misura umana.
Eppure, nel labirinto delle nostre costruzioni demiurgiche, esiste una stella polare. Quando Gesù proclama che "Dio è amore" (agápe), offre quella che per noi cristiani gnostici rappresenta la definizione meno inadeguata del divino. Non perché l'amore esaurisca la natura di Dio, ma perché questa affermazione dissolve piuttosto che costruire, apre piuttosto che chiudere. L'amore autentico non possiede, non definisce, non limita: si dona senza trattenere, conosce senza appropriarsi.
Ma anche questa suprema definizione rimane un demiurgo, il più luminoso, il più trasparente, ma pur sempre una mediazione umana. Come il Vangelo di Tommaso ammonisce: "Chi cerca non smetta di cercare fino a quando non troverà; e quando troverà sarà sconvolto, e quando sarà sconvolto si meraviglierà". Lo sconvolgimento nasce dalla scoperta che persino le nostre concezioni più elevate di Dio sono veli che celano il mistero.
Questa comprensione trasforma radicalmente la vita spirituale. Non si tratta più di difendere una particolare immagine di Dio contro altre, ma di utilizzare queste immagini come trampolini verso l'inimmaginabile. Il Demiurgo cessa di essere un nemico da combattere e diventa un processo da comprendere: la tendenza inevitabile della mente umana a dar forma all'informe.
La pratica gnostica consiste allora nel danzare con i nostri demiurghi senza essere danzati da essi. Utilizzare le immagini divine come porte che si aprono verso l'immaginabile, non come muri che lo racchiudono. In questa danza, anche la più sublime teologia diventa un gioco cosmico: necessario per avvicinarsi al divino, ma da abbandonare per incontrarlo veramente. Ci auguriamo di averti dato qualche piccolo strumento ulteriore di comprensione. Grazie per leggere così assiduamente la nostra rivista.
La Redazione