Rimanere in silenzio a osservare bambini che giocano. Unirsi a loro. E rendersi conto di non riuscire a farne parte che per pochi minuti…

Quant’è bello osservare i bambini che giocano! Rimango tante volte in silenzio a osservarli mentre si rincorrono in un parco giochi. E quant’è bello giocare con un bambino, che sia o meno il proprio figliolo. Eppure … Eppure il nostro livello di sopportazione di quella vivacità, di quella frenesia, di quella gioia, è limitato! Molto limitato. Ad un certo punto, “non lo sopporto più”!

Perché i bambini ci piacciono tanto? Perché il sorriso di un bambino ci apre il cuore? E perché dopo pochi minuti … “ci deve stare a sentire”? Perché sentiamo quasi il bisogno di allontanarci? Da lui, dalla sua felicità, da noi stessi.

Forse perché non riusciamo a stare vicino alla nostra parte più debole, quella più bisognosa, quella più dolce. Che conosciamo e riconosciamo nei bambini che incontriamo. Ma non ci hanno insegnato ad amare nel modo corretto, a considerare questa come il centro del nostro essere uomini e donne su questa Terra. In questa nostra società, in questa realtà, non si ha cura, non si è presenti ai bisogni dei bambini. Malgrado le mille intenzioni ed i mille prodotti. Forse nella nostra vita, nella nostra infanzia, non abbiamo ricevuto l’amore di cui aveva bisogno, non abbiamo potuto imparare ad amare, in modo completo, noi stessi, i bambini, gli altri.

Dovremmo diventare padri e madri di noi stessi. Far crescere il dialogo interiore con questa nostra parte essenziale. C’è bisogno di tempo. Darsi il tempo necessario per ascoltare quella flebile voce, utilizzando strumenti noti da millenni.