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Gent. Prof. Serra,
da qualche anno mi interesso di argomenti di spiritualità, leggendo libri di varie tradizioni. A volte rimango un po' confusa sul concetto di anima, perché mi sembra che le venga dato un significato diverso a seconda delle tradizioni. Qualcuno la descrive come la nostra parte spirituale, altri come la nostra parte psicologica. Ho sentito parlare anche di "anima inferiore" e "anima superiore", e la mia confusione aumenta. Potrebbe aiutarmi a capire? Grazie per la sua risposta.
Guillermina Motta, una cantautrice catalana, rese popolare nel 1963 la sua canzone intitolata Digueu-me per què (ditemi perché). Ne riproduco le tre strofe: «a) Ditemi perché quando la vita mi sorride a me cadono le lacrime; ditemi perché in mezzo al dolore c’è speranza; ditemi perché stando così in basso sento cose così alte. b) Se sono soltanto un pezzo di terra, perché sento un desiderio d'eternità? Se sono soltanto nuvola che passa perché si spezza il cuore con altre acque? Ditemi perché stando così in basso sento cose così alte. c) Ditemi perché io sento pietà di chi non ama, ditemi perché io credo nell'amore e credo nella vita. Ditemi perché stando così in basso sento cose così alte».
È possibile, in accordo con il suo quesito, che al leggere le parole di questa canzone si senta identificata con i sentimenti che esprime e con le contraddizioni profonde che scuotono il cuore umano. La strofa non lascia adito a dubbi: «Ditemi perché stando così in basso sento cose così alte». Tradurre questa esperienza del desiderio di eternità in termini razionali, in argomenti… non è cosa facile. Perché una persona arriva a credere nell’amore e nella vita? In questo contesto esistenziale, chiedersi sull’anima comporta una domanda chiave e nel contempo, ci pone in un labirinto dove è facile entrare quanto difficile uscire. In una situazione estrema, chiunque chiederebbe soccorso. Si riassume nell’espressione inglese SOS, che solitamente significa Save Our Souls (salvate le nostre anime). Che significa?
Il problema dell’anima va situato nella visione antropologica della persona. Nell’enciclica Laudato si’, papa Francesco afferma: «Questa situazione ci conduce a una costante schizofrenia, che va dall’esaltazione tecnocratica che non riconosce agli altri esseri un valore proprio, fino alla reazione di negare ogni valore peculiare all’essere umano. Ma non si può prescindere dall’umanità. Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un nuovo essere umano. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. Quando la persona umana viene considerata solo un essere in più tra gli altri, che deriva da un gioco del caso o da un determinismo fisico, si corre il rischio che si affievolisca nelle persone la coscienza della responsabilità» (118-96). Senza una buona antropologia, il castello di carte crolla. Da qui la sua importanza. Le tradizioni filosofiche e religiose sostengono un’antropologia propria. Tra di esse si osservano differenze sostanziali, ma anche molte somiglianze. Le neuroscienze cercano, da parte loro, il “gene spirituale”. Le diverse specializzazioni focalizzano l’antropologia da un’ottica molto diversa: filosofica, culturale, biologica, economica, urbana, storica, simbolica, sociale, di genere, criminale, ecologica, cognitiva, politica… e teologica.