se il chicco di grano non muore
 
Gent.mo Prof. Serra,
mi piacerebbe molto sapere cosa pensa Lei riguardo al significato psicologico e spirituale della risurrezione di Gesù. Cosa significa per noi esseri umani e per ognuno di noi, rispetto al nostro lavoro interiore? Come la comprensione di questo Mistero può aiutarci?
Chiunque entri dalla porta principale della cattedrale gotica di Notre-Dame di Chartres, si trova davanti al grande labirinto sul pavimento. Se vuole giungere al centro, dovrà introdursi in esso fino a risolverne l’enigma. Simbolizza l’invito ad addentrarsi nel mistero di sé, della propria conoscenza, mentre tutto il tempio si immerge nel mistero di Dio. I due misteri vanno uniti e la luce divina illumina la realtà umana. Non c’è interiorizzazione profonda senza combattimento. Teseo dovrà battere il Minotauro e, per non rimanere imprigionato e perduto nei corridoi del labirinto, dovrà uscire illeso attraverso il filo di Arianna, che rappresenta il vincolo amoroso. Morte e vita in una singolare battaglia.
Questi primi passi all’interno della cattedrale ci permettono di giungere al mistero di Dio. Quando Gesù affronta la morte, il venerdì santo, fra le parole che pronuncia, inchiodato alla croce, vi è: «Tutto si è compiuto». Mentre i suoi discepoli credono che “tutto è finito”. Deposizione dalla croce, trasferimento e sepoltura sembrano gli ultimi capitoli della sua vita. Se tutto finisse qui, rimarrebbe poco da dire. Le donne, nelle prime ore della domenica, vanno al sepolcro recando olii aromatici, per offrire le loro ultime attenzioni al cadavere di Gesù. Si trovano di fronte all’inatteso. La pietra dell’ingresso al sepolcro è spostata. Entrano e sperimentano il vuoto. La loro perplessità non trova una risposta immediata. Due uomini dagli abiti risplendenti dicono loro: «Perché cercate tra i morti colui che vive? Non è qui: è risuscitato» (Lc. 24:5). Che significa la risurrezione? Che differenza c’è tra la risurrezione di Gesù e quella di Lazzaro, per citare una delle più famose da Lui realizzate? In Lazzaro, implica la concessione di altro tempo. Non ci sono cose nuove. Riprende la sua vita, con i suoi parametri abituali. Forse con maggiore profondità, con un livello maggiore di coscienza. Dopo questo prolungamento di tempo, più o meno lungo, la morte tornerà a bussare alla sua porta. In Gesù, è diverso. Non si tratta di una proroga né di un ritorno al percorso precedente, ma di una realtà completamente nuova, non regolata dai criteri abituali. Egli rompe il velo del tempo per emergere nell’eternità. Non tornerà a morire. Paolo scrive ai cristiani di Roma: «Sappiamo che Cristo, una volta risorto dai morti, non muore più, la morte non ha più alcun potere su di lui» (Rm. 6:9).