la pelle psichica

Quando un bambino nasce alla vita, il suo corpo viene separato da quello della madre in modo netto e riconoscibile, almeno da chi osserva. Il bambino invece imparerà solo con il tempo, sotto le carezze della madre che ne definiscono i confini, con il tatto esplorativo e l’auto-osservazione, a percepire il suo corpo come “suo”. Addirittura, ci vorranno un paio d’anni per riconoscersi come “io” allo specchio. È Il corpo l’elemento che ci fa percepire separati gli uni dagli altri.
E la psiche? Il discorso si complica. L’io-sono ancora non esiste nel bambino. L’io psicologico emergerà come prodotto del temperamento animico del bambino e della sua genetica, condizionati dalle influenze ambientali. È il frutto dell’esperienza a contatto con il mondo. 
Il neonato è ancora fuso al sentire della madre, alle sue emozioni e stati d’animo. La costruzione di una “pelle psichica” soggettiva è un traguardo da raggiungere (non solo da bambini). Ciò che intendo è che madre e bambino costituiscono all’origine un’unica realtà psichica, dalla quale il piccolo dovrà imparare piano piano a separarsi. Ma questo, a diversi gradi, avviene poi solo in parte. L’io del bambino, iniziando a formarsi attraverso le conseguenze della sua esperienza, si troverà, crescendo, frammisto a quello della madre e poi alle influenze paterne e delle sue relazioni principali. Un adulto che si definisce un tipo “ansioso”, probabilmente non è cosciente di aver assorbito ansia, durante la sua crescita, direttamente dalla madre. Ha appreso un modello comportamentale/emozionale di reazione agli eventi, piccoli o grandi, della vita.