il suono del silenzio
I ritmi della vita sociale sono velocizzati e stressanti: più siamo impegnati più ci sembra di essere vivi, ma è forse una fuga dalla nostra interiorità? L’arte della cura di noi, essenziale per lasciare emergere le nostre emozioni, ci può condurre all’unità e al Ricordo di sé.

Cominciò tutto così

Eravamo in tre, chine sui quaderni a cercare di risolvere delle espressioni di matematica che ci davano sempre risultati diversi. Accanto a noi, sul tavolo, la mia fedele radiolina: un po’ di musica, a basso volume.  Ci piaceva. Eravamo adolescenti e ci sintonizzavamo forse su radio Montecarlo che trasmetteva canzoni e musiche da ogni dove, soprattutto da Inghilterra e Stati Uniti. A un certo punto, fui colpita da una canzone americana che veniva ripetuta continuamente e che si chiamava The Sound of Silence di tali Simon e Garfunkel, a noi totalmente sconosciuti. 

Si cominciava allora a parlare dei “figli dei fiori”: tutto uno sbocciare di vestitini e ghirlande, concertoni e tanto altro… A noi, studentelle, non pareva vero chiacchierarne. Dalle pagine del Corriere che trafugavo da casa per distrarci, cercavamo notizie di questi ragazzi che impazzavano negli Stati Uniti e a Londra: carpivamo le ultimissime di questi giovani che ne facevano di tutti i colori, gli Hippies. Leggevamo, curiose come tre scimmiette, le notizie che li riguardavano, sognando e fantasticando su cosa succedesse oltreoceano, quel luogo lontanissimo da noi ma che pur ci sembrava di conoscere.

Fu per me amore a prima vista o a primo ascolto per quella musica: solo dopo, mi accorsi e comunicai alle altre la stranezza di quel titolo. Il silenzio, secondo i due cantautori, aveva un suo suono: «… nessuno osava disturbare il suono del silenzio…» erano le parole della canzone. Mi parve strano: ma quei due che cantavano erano fuori di testa? Questo almeno era quanto mi diceva la mia razionalità, mentre le mie emozioni vibravano altrimenti. Allora, addio espressioni di matematica e compiti e i votacci fioccavano.

Ci vollero molti anni e l’incontro con una scuola spirituale perché ci capissi qualcosa. Rientrare in se stessi significa entrare nel silenzio e nella solitudine. Silenzio e solitudine hanno davvero un suono? Riusciamo a cogliere quel suono, abituati a vivere immersi nel rumore e nel continuo contatto, principalmente esteriore, con gli altri? 

Con il tempo, abbiamo imparato che silenzio e solitudine sono essenziali per mettere ordine in se stessi; hanno, infatti, un meraviglioso potere di riduzione all’essenziale e di concentrazione. Occorre sperimentare come, ritirarsi da soli in silenzio, porti a percepirsi in maniera più lucida e intensa, a condurci a una particolare coscienza del tempo. Quel tempo (kronos) che normalmente fugge e vola via quando siamo immersi nel nostro quotidiano viavai, appare assai diverso e mutevole quando si resta nel silenzio e nella solitudine.

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